
La Nutriepigenetica nel trattamento del dolore fibromialgico
Norma Carrozzo – Leonardo Prascina
22 Settembre 2023
Una delle nuove frontiere della genetica è senza dubbio l’epigenetica, la condizione necessaria perché i geni
possano esprimersi in virtù dell’ambiente in cui vivono. Meccanismi mediati dal cervello vedono come
principale via la metilazione, ovvero l’aggancio su particolari zone del DNA di gruppi metili (-CH3) chiamate
Isole CpG. Si tratta dell’aggiunta di un gruppo metile ad una Citosina che precede una Guanina grazie
all’intervento dell’enzima citosinametiltransferasi.
Questa condizione porta ad uno stato di ON o di OFF dei geni e se questi geni sono interessati da particolari
varianti, le risposte espressive saranno di particolare importanza. Ora è noto quali possono essere gli stimoli
ambientali che innescano il sistema della metilazione dei geni: l’ambiente in cui viviamo, il tipo di lavoro, l’aria
che respiriamo e soprattutto ciò che mangiamo. Tutti gli alimenti contengono molecole in grado di influenzare
il DNA, il cibo influenza l’espressione dei geni modificandola con conseguenze importanti sulla salute, la
Nutriepigenetica. In definitiva non si tratta di modificare la sequenza o la struttura del DNA ma piuttosto di
far funzionare in modo diverso un gene che modificherà la sua capacità di produrre proteine. Ed è proprio in
questo ambito che si è attenzionata la ricerca sul nesso logico tra geni indotti ad esprimere una situazione di
stato infiammatorio e patologie derivanti quali la Fibromialgia. La fibromialgia è una delle più frequenti cause
di dolore cronico generalizzato. È una sindrome caratterizzata da un corteo poli-sintomatologico complesso
in cui il dolore muscolo-scheletrico persistente rappresenta la caratteristica distintiva; a questo si associano
astenia, disturbi del sonno, rigidità mattutina, ansia, depressione e disturbi cognitivi (rallentamento del
pensiero, deficit della memoria, dell’attenzione e della concentrazione). Gli interventi nutrizionali si sono
posizionati negli ultimi anni come strategie complementari nel trattamento della fibromialgia.
L’obiettivo principale è mirato al controllo del peso e alla modulazione dell’infiammazione; alcuni studi
suggeriscono che gran parte dei pazienti con fibromialgia siano affetti da intolleranza al glutine non-celiaca
(gluten sensitivity), una condizione di recente riconoscimento che presenta sintomi in parte sovrapposti a
quelli della sindrome fibromialgica.
Quindi, sulla base di studi che dimostrano che le malattie autoimmuni sono associate a perdita di tolleranza
e ad infiammazione cronica, è stato messo a punto un test genetico metabolico che valutasse la presenza in
pazienti fibromialgici dell’HLA DQ2 e/o DQ8 e sottotipi affiancato dalla realizzazione di una mappa
nutriepigenetica. La tipizzazione dell’HLA permette di inquadrare il paziente tipo, la mappa nutriepigenetica
permette di intervenire in forma personalizzata con alimenti specifici al fine di spegnere lo stato
infiammatorio e ridurre il dolore associato. E’ importante individuare altri parametri correlati quali per
esempio l’eventuale presenza di sensibilità al Nichel che in associazione alla presenza dell’ HLA DQ2 e/o DQ8
e sottotipi esalta lo stato infiammatorio, questi pazienti lamentano spesso gonfiore addominale, stanchezza,
spossatezza, apatia e mal di testa.
Il protocollo suggerito parte da una accurata anamnesi e visita reumatologica quindi si procede al prelievo di
DNA tramite tampone salivare, refertazione completa di mappa nutriepigenetica, impostazione del nuovo
stile alimentare. A distanza di 3 mesi si esegue visita reumatologica di controllo e aggiornamento della mappa
nutriepigenetica in base ai progressi registrati.
Lo studio è stato presentato al Convegno Nazionale organizzato dal CREI il 22-23 Settembre 2023 a
Campobasso dalla dott.ssa Norma Carrozzo e dal dott. Leonardo Prascina e ha visto il coinvolgimento di 265
pazienti affetti da fibromialgia e in parte da artrite reumatoide risultati tutti positivi alla tipizzazione HLA DQ2
e/o DQ8 con relative varianti non predisponenti alla celiachia. Lo studio ha permesso di ottenere risultati
eccellenti: Scomparsa dei sintomi, recupero dell’attività lavorativa, interruzione dell’assunzione di
antidolorifici.
Obiettivo futuro è senza ombra di dubbio l’integrazione “Diagnosi-Terapia-Nutrizione” che non solo porta
benefici al paziente ma riduce drasticamente i costi.
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